Si segnala la sentenza del 21 febbraio 2018, n. 5 del Giudice Unico della Sezione Giurisdizionale per l’Umbria della Corte dei Conti, che  ha riconosciuto il diritto alla pensione di reversibilità ad una vedova divorziata che aveva accettato la corresponsione dell’assegno una tantum, con la costituzione di un usufrutto cessato alla morte dell’ex marito e quindi pure in mancanza dei requisiti di legge di cui agli articoli 5 e 9 della Legge sul divorzio che espressamente preclude di poter avanzare altre richieste economiche a fronte della sopra citata liquidazione.

La sentenza in esame introduce un importante elemento di novità.

Si legge in sentenza: “… la legge sul divorzio, a seguito delle modifiche del 1987, prevede che l’assegno possa essere corrisposto attraverso prestazioni periodiche oppure in unica soluzione (art. 5 comma 8 “Su accordo delle parti la corresponsione può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal Tribunale. In tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico”). L’identificazione delle modalità di soddisfacimento dell’obbligo di versamento dell’assegno divorzile, dunque, è logicamente successiva ad ogni valutazione relativa alla titolarità dell’assegno divorzile, il cui esito positivo necessariamente presuppone.

Il versamento una tantum non può dunque escludere la spettanza della pensione di reversibilità per carenza di titolarità dell’assegno divorzile, atteso che, al contrario, esso, costituendo atto di adempimento di un obbligo ex lege, ne assevera inequivocamente l’esistenza.

La prestazione che effettua il coniuge in favore dell’altro non è liberale, né gratuita, ma posta in essere a titolo oneroso, in quanto finalizzata al soddisfacimento una tantum dell’obbligo legale di corrispondere e versare l’assegno divorzile (art. 5 comma 8 L. 898/70). La prestazione effettuata dall’ex coniuge all’altro, quindi, ha una propria funzione economico-individuale che rinviene il titolo giuridico non solo nell’accordo negoziale a monte (la domanda congiunta di scioglimento degli effetti civili del matrimonio) ma anche nel titolo giudiziale a valle (la sentenza giudiziale) che recepisca la volontà concorde delle parti …”

“La sola differenza esistente tra la corresponsione periodica e quella una tantum è che quest’ultima non può essere imposta d’ufficio dal Giudice civile dovendo essere il frutto dell’esercizio della libera autonomia privata bilaterale di entrambi gli ex coniugi (Cass., 18 febbraio 2000, n. 1810), autonomia che può legittimamente spiegarsi atteso che non ha natura preventiva ma successiva al venir in essere delle cause di scioglimento del matrimonio …

Nel caso concreto, dunque, la sentenza del Tribunale civile di Perugia (…), di applicazione dell’art. 5 comma 8 L. 898/70, come modificata dalla legge 74/1987, ha accertato l’esistenza dei presupposti per la corresponsione dell’assegno divorzile, il cui soddisfacimento è stato fissato una tantum ex art. 5 comma 8 L. 898/70, tra l’altro, attraverso la costituzione di un diritto di usufrutto in favore della ricorrente.

Per tale ragione essendo la prestazione titolata, la costituzione del diritto di usufrutto risultante dalla sentenza n. 11141/1988, costituisce tecnica e modalità di adempimento una tantum dell’assegno divorzile che assevera la “titolarità dell’assegno” , con consequenziale spettanza del diritto alla pensione di reversibilità.

Per tali ragioni il ricorso deve essere accolto dichiarandosi il diritto della ricorrente alla percezione della pensione di reversibilità, con condanna dell’INPS alla corresponsione della stessa, con decorrenza dalla data della morte del de cuius…”